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I nomi delle rune
I trattati runici scandinavi ci informano che ciascun segno runico aveva un nome,
cio・poteva avere il valore di un’intera parola, oltre a quello di un singolo fonema, di
norma scelto secondo il principio acrofonico (cio・il fonema iniziale, tranne che per
le rune che indicavano i fonemi [z] e [ŋ], che non ricorrevano ad inizio di parola).
Informazioni sul valore esatto di ogni runa ci vengono anche da tre poemetti detti
“poemi runici” (uno anglosassone, due scandinavi, uno norvegese e uno islandese)
in cui ciascun segno ・chiamato per nome e gli sono dedicati dei versi.
Questi componimenti attestano un uso germanico che dobbiamo supporre
abbastanza diffuso, la cui antichit・ci ・testimoniata dal suo impiego in un testo,
denominato
tre poemetti conservati, i due scandinavi (uno di provenienza norvegese, del sec.
XIII, l’altro, islandese, del sec. XV), hanno materiale parzialmente comune, mentre
il terzo, in inglese antico, sembra riferirsi ad una tradizione ermeneutica
completamente diversa, con rari punti di contatto. Inoltre esiste un alfabeto
presentato come gotico in un manoscritto viennese del sec. IX in cui alle lettere
dell'alfabeto gotico (basate sul greco) corrispondono nomi in gran parte simili a
quelli attestati nei poemi runici. Una possibile ricostruzione (ipotetica e non
necessariamente corrispondente al vero) potrebbe essere questa (basata su
Wikipedia):
Abecedarium Nordmannicum, trascritto nel sec. IX sul Continente; dei
I nomi delle rune ci permettono di farci un’idea della simbologia ad esso associata e
dunque dei suoi possibili usi in ambito magico: ・chiaro che il nome *
fehu
“bestiame, ricchezza” ・connesso con la prosperit・ e pu・essere comprensibile
che il nome *
la volont・altrui, in particolare quelli erotici.
nauz “costrizione” si riferisca ad incantesimi che intendono piegare
la volont・altrui, in particolare quelli erotici.
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